La berberis buxifolia
è un arbusto che supera normalmente i
due metri di altezza. È il simbolo della Patagonia, ed è conosciuto volgarmente
come calafate, un termine della
lingua dei Tehuelche, la lingua Chon. Con i suoi frutti si produce una marmellata che è tra
le più gustose. Si dice che chi assaggi una di queste bacche sferiche, che
hanno un colore che può andare dal blu al porpora, avrà la certezza di tornare
un giorno in Patagonia.
Non ricordo se Bruce Chatwin, di cui è abbastanza conosciuto il diario del suo viaggio in quelle zone, le abbia provate, quelle bacche, e se i versi del poeta svizzero Cendrars ("non c'è che la Patagonia, la Patagonia che si adatti alla mia immensa tristezza") abbiano continuato a tormentarlo. So solo che quando lo vidi in un’ultima
intervista alla televisione inglese, un po’ prima che morisse - l’immagine di uno scheletro
- non faceva più pensare al Chatwin di cui parla Neville, il misterioso personaggio di un mio romanzo inglese, che lo descrive al giovane narratore in un momento in cui sembra dissolversi una loro precedente tensione (e mi viene da citare le prime
righe proprio nell'originale):
'Oh, yes ...
He was a variation of that old type, the English explorer. A valiant chap. But he was modern, more sophisticated. Nonetheless of the same breed. And then ... he wrote a succession of books
... I think half a dozen. I read most of
them ... But how did I discover him?'
'Kaleidoscope?'
che poi ho riscritto in italiano :
“Questo autore”, mi dice Neville, “fu una variante di un vecchio modello già esistente: l’esploratore inglese, uno di quei tipi veramente tosti, anche
se lui era già più moderno, più sofisticato. Eppure appartenente alla stessa
razza. E poi scrisse una serie di libri, credo una mezza dozzina. Li lessi
quasi tutti … Ma come lo scoprii? Questo è il dilemma …”
“Caleidoscopio?”,
faccio.
“No”, fa lui. “Credo
lessi semplicemente un articolo di un vecchio giornale, che avevo usato per incartare alcune tazze ... Fu quando traslocai nel mio nuovo appartamento ... Avevo
avvolto tutte le mie poche cose e tutti quei miei insignificanti piattini in alcune pagine di giornale, e quando arrivai nella nuova casa e cominciai a fare un po' d'ordine trovai la foto di questo favoloso personaggio dai lineamenti incredibili: era Bruce Chatwin! E pensai: che cosa inusuale per un uomo così
bello chiamarsi Bruce. Tutti i Bruce che avevo conosciuto erano uno più brutto dell'altro. E invece avevo adesso l'immagine di quest’uomo di straordinaria bellezza. E in più
era uno scrittore. Così mi dissi: devo assolutamente leggerlo … E comprai Sulla
collina nera ...”
Sulla collina nera è solo la storia di due
fratelli in un villaggio del Galles, entrambi talmente attaccati l’uno all’altro
che nessuno dei due riesce a sposarsi; ma di sicuro il Galles è stato centrale pure nel suo libro sulla Patagonia,
dove si parla di gruppi di agricoltori che emigrarono in quelle lontanissime regioni mi pare nell’Ottocento. Di una di queste sperdute comunità, che ancora parlano gallese, Chatwin andò alla ricerca.
Non saprei dire se Neville abbia visto giusto riguardo alla bellezza di Chatwin. Resta il fatto che l’immagine pubblica che questo narratore ha lasciato di sé non è certo quella di uno scrittore a cui piacesse far
capannello, unirsi coi suoi simili in un salotto o in un ristorante di una grande città. Non che ce
ne siano molti di veri scrittori a cui piace incontrarsi nei momenti liberi coi
propri pari, così come in fondo è difficile che un carrozziere la sera preferisca vedersi con altri del mestiere. Chatwin però li riunì un po’
tutti, alla fine. Dice sempre Neville a Fanfan, lanciandosi in un inaspettato viscerale attacco contro un autore caratterialmente e stilisticamente diverso dal suo eroe:
“È strano come certi scrittori in certe situazioni tendano a
socializzare. Salman Rushdie era amico di Bruce Chatwin. E
così un bel giorno quell’altro scrittore, come si chiama? … Paul Theroux, mi
pare ... sì, si chiama così … Ecco, Paul
Theroux incontrò Salman Rushdie ai funerali di Bruce Chatwin. Erano passati un po' di giorni da quando l’ayatollah aveva pronunciato la famosa fatwa. E Paul Theroux disse: il prossimo
funerale sarà il tuo se non ti guardi il sedere. Una frase veramente
stupida.”
“Bè, una frase tanto stupida non mi sembra.”
“Che cosa?”
“Era un consiglio amichevole.”
“Assolutamente da imbecilli! Salman conosce il mondo
musulmano molto bene, non ha bisogno di consigli. Questo è un altro motivo per
cui non sopporto Paul Theroux”.
C’è da dire che Paul Theroux, che è americano, è scrittore anche
lui di diari di viaggio, e se le premesse sono queste a cui sembra alludere Neville, allora ci si dovrà aspettare un viaggiatore più sul modello statunitense, un
tantino cioè ossessionato dal comfort personale - se in una stazione mettiamo del
Tashkent ci siano dei gabinetti puliti, o se il bar offre dei sandwich presentabili invece che coloratissime bacche locali, che se non saranno proprio di calafate, ci si immagina comunque di un qualche altro arbusto
di quei posti. E magari proprio una variante della berberis buxifolia: ad esempio la
berberis buxifolia nana, che è molto più diffusa della prima, e i cui fiori
sono gialli invece che arancione.
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