mercoledì 14 agosto 2013

Eurialo e Niso: omosessualità in Plutarco, Virgilio e Leopardi


J.B. Roman, Eurialo e Niso (Louvre) - foto Jastrow - Wikipedia

τὴν μὲν πρὸς ἄρρεν´ ἄρρενος ὁμιλίαν, μᾶλλον δ´ ἀκρασίαν καὶ ἐπιπήδησιν, εἴποι τις ἂν ἐννοήσας

‘ὕβρις τάδ´ οὐχὶ Κύπρις ἐξεργάζεται’

Traduco quasi letteralmente questo passo che si trova verso la fine dell’Amatorius, o Erotikós, il dialogo sull'amore che Plutarco scrisse agli inizi dell’era cristiana e di cui ho già accennato altrove:

del rapporto sessuale di un maschio con un altro maschio,
o piuttosto: del loro cattivo accopppiamento, pensandoci bene si potrebbe dire che:

'viene realizzato da Ibride più che da Cipride'.

Cipride, in questo verso citato da uno degli interlocutori del dialogo (un verso adespota), sta ovviamente per Afrodite, la dea dell’amore mentre Ibride è mia traduzione e adattamento del greco hybris, parola che fin dai primi testi della tradizione poetica arcaica assume, a seconda del contesto, sfumature dell'idea originaria di forza. Nel senso di violenza mista a arroganza è aggettivo non raro in Omero quando parla dei Proci, dei pretendenti alla mano di Penelope; ma per esempio in Teognide e anche in Senofonte, autori più che mai letti ai tempi di Plutarco, hybris è inteso talvolta nel senso di libidine, termine oppositivo di σωφροσύνη (sofrosìni), cioè prudenza (quest’ultimo usato in Platone per lo più col valore di temperanza).

Hybris conobbe poi un paio di altri adeguamenti semantici. Nel senso di oltraggio (sia in termini fisici che morali) si trova gia in Omero e in Esiodo, ma pure di nuovo in Senofonte; in un’accezione invece più propriamente giuridica - violenza fisica, corporale, anche a indicarne l'effetto, ciò che il codice penale italiano oggi chiamerebbe lesione - è termine usato da tutti i grandi e piccoli avvocati e retori di scuola e nei decreti assembleari a partire dal V secolo in poi, cioè a dire da Lisia a Demostene a Eschine a Isocrate fino a tutta la tradizione legal e oratoria che segue in epoca ellenistica e oltre.

L’altro termine interessante usato nel passo citato sopra, e appartenente alla tradizione scientifica (usato in particolare da Teofrasto ma anche da Aristotele e Ippocrate), è ἀκρασία (akrasìa) - che ho tradotto qui con cattivo. Ha per lo più il significato di cattiva fusione: due o più elementi o sostanze che non sono omogeneamente associabili, come nel caso di perturbazioni atmosferiche - ma lo si trova per esempio in Ippocrate, nell’ Antica Medicina, riferito al cibo, quando vengono discussi certi alimenti che lo stomaco dell'uomo non è in grado di digerire. E ancora Plutarco lo usa a volte nel senso contiguo di intemperanza - ad esempio nella Vita di Licurgo, πρὸς ἡδονὴν καὶ ἀκρασίαν: dediti al piacere e all'intemperanza (parlando di alcuni episodi dei poemi omerici) tradotto erroneamente nell'edizione della Fondazione Valla con gioia.

Supposto busto di Plutarco a Delfi
 
All'interno di tale universo semantico si muovono quindi i personaggi dell'Amatorius. Risulta di conseguenza dialogizzata, nel brano citato, una posizione ideologica fortemente marcata: la visione di un carattere violentemente esuberante dell’amore omosessuale, intemperante, un qualcosa che sfugge al controllo dell'individuo: una dimensione satiresca o priapica dell’esistenza, ciò che oggi si troverebbe associato al concetto di libidine (e atti di libidine violenta è espressione entrata a pieno diritto nel codice italiano). Andrebbe tuttavia precisato che lo stesso personaggio che nel dialogo incarna questa posizione non farà, in seguito, nessuna distinzione tra intemperanza eterosessuale e omosessuale. Ciò a cui mira è difendere le ragioni dell'amore conigale.

L'attacco si fa più incalzante nel paragrafo successivo, dove si parla apertamente di violenza e inganno che chi nutre questo tipo di passione esercita necessariamente su ragazzi di buona natura. Ed è uno dei due passaggi dell’Erotikòs più scopertamente polemici - è il padre di Autobulo a incarnare tale posizione (anche se è il figlio che riporta a memoria ciò che gli aveva sentito dire); ma prima del padre di Autobulo s'era già espresso più o meno alla stessa maniera un certo Dafneo, anche lui partigiano dell'amore coniugale. Sono gli unici passi in cui, in quest'operetta di Plutarco, all'amore omosessuale viene attribuito un carattere intrinsecamente violento, e in entrambi i casi ci si serve di un linguaggio volutamente, ricercatamente sarcastico. In termini odierni la discussione tra le due oppposte fazioni assumerebbe i toni di un aspro confronto ideologico senza esclusione di colpi (la posta in gioco era d'altronde alta: se cioè un certo ragazzo di nome Baccone avrebbe potuto sposare una donna bella e ricca che l'aveva rapito e che aveva il doppio dei suoi anni o se invece avrebbe dovuto continuare a concedersi ai suoi amici e spasimanti maschi).

Culturalmente la questione continuava perciò tra il primo e il secondo secolo dell'era cristiana a rimanere d'attualità come ai tempi del Simposio di Platone cinquecento anni prima; socialmente e politicamente più scottante che in passato (si cominciano a vedere i primi germi dell'intolleranza, di cui la vera cartina di tornasole saranno il terzo e soprattutto il quarto secolo, quando il fanatismo cristiano diventa sempre più religione di stato), ma trattata ancora col brio di una scrittura che nello stile vuole racchiudere anche il banale, il quotidiano: un fatto, questo, tipico di tutta l’antichità greca e latina, per lo meno fino a quando, di lì a un paio di secoli, non si imporranno definitivamente i per nulla artisticamente elaborati testi di san Paolo, coi loro ben più intolleranti anatemi, a cominciare dalla Lettera ai Romani; e tutto l'Antico Testamento era già stato comunque introdotto in Occidente in un greco la cui sintassi segue un esclusivo movimento paratattico, con qualcosa di poliziesco (fatto che appare anche nella successiva Vulgata di san Girolamo), imitazione delle noiose e ripetittive strutture dell'ebraico e dell'aramaico (il fatto che Longino, seguito dai moderni solo da Boileau, vedessse la presenza del sublime poetico pure nelle primissime parole della Genesi non sposta di una virgola i termini della questione, anzi ne è una conferma se si intende il sublime come impoverimento nella rarefazione, ciò che diventa ineffabile, impronunciabile). 

intolleranza contro gli omosessuali nel '400: il cavalier di Hohenberg e un suo fattore condannati al rogo

Affrontando più recentemente alcune questioni poste dallo Zibaldone, di cui ho curato tutta la parte riguardante le citazioni dal greco e dal latino nella prima traduzione integrale in lingua inglese pubblicata in questi giorni a New York, mi veniva in mente proprio questo dialogo di Plutarco quando rileggevo uno dei pochi pensieri di Leopardi sulla pederastia dei greci - espressione tra l'altro generica e da Leopardi apparentemente applicata a epoche politicamente differenti e a diversissimi ambienti sociali e culturali, se è vero, come si è visto, che ancora cinque secoli dopo Platone la questione veniva sì dibattuta, ma con nuove sfumature di pensiero, e non solo nei circoli accademici ma anche stoici cinici ed epicurei (tradizioni i cui sviluppi non erano sfuggiti all'occhio attento di Plutarco). Ma scrive poi giustamente Leopardi nello Zibaldone (p. 1840) che tutta la poesia e la filosofia e la filologia erotica si svolgeva attorno a questo tema dell’amore omosessuale, “essendo presso i greci troppo volgare e creduto troppo sensuale, basso, triviale, indegno della poesia ecc. l’amor delle donne, appunto perché naturale”. Ed era a tal punto comune e radicato il sentimento di un carattere non naturale ma artistico dell’omosessualità anche ai tempi dell'Eneide, continua ironicamente Leopardi (un’ironia che ha evidentemente come bersaglio la letteratura a  lui contemporanea, in cui non compare neanche lontanamente tale tema) che perfino Virgilio ne fa “il soggetto di una storietta sentimentale nel suo Niso ed Eurialo”.

Il pensiero immediatamente seguente - che mi fece sospettare, quando mi occupavo dello Zibaldone, che Leopardi avesse in qualche modo presente il dialogo di Plutarco, pieno di citazioni di poeti commediografi e tragediografi - insiste sullo stesso tema: l'omosessualità dei greci; ma i toni e il ritmo si fanno da ironici a sarcastici (sarcasmo all'indirizzo ancora dei tempi moderni) quando scrive che l’omosessualità nell’antichità forse si può attribuire: “all’esuberanza di vita”; e dice ancora in tono di finta condanna dell'omosessualità dei greci (in effetti l’opposizione e tra esuberanza di vita degli antichi e rigidezza dei moderni - cioè dei  francesi), dice dunque Leopardi: “mentre da noi bisogna convenire che questo è un vizio antinaturale, un’inclinazione che il solo eccesso di libidine snaturante i gusti e l’inclinazione degli uomini, può produrre. Così discorrete degli antichi (certo esuberanti di vita) rispetto ai moderni”. Così conclude Leopardi dandosi giocosamente del voi     

Nessun commento:

Posta un commento