mercoledì 9 luglio 2014

il fanatismo dei tedeschi e la nemesi

La partita Brasile-Germania dei mondiali del 2014 ha mostrato, dei tedeschi, uno degli aspetti più tipici del loro carattere nazionale, che è anche l'elemento peggiore: il fanatismo. Per quanto Stendhal nei suoi Ricordi d'egotismo ne parli come di una nazione essenzialmente buona se paragonata all'inglese e alla francese, e per quanto in effetti si tratti di un popolo di indole spontaneista, molto più prossimo agli italiani di quanto non si pensi, riescono poi a offrire, in certi momenti della loro incredibile storia, questi spettacoli di puro, rigido invasamento, che più che suscitare ammirazione inducono ogni volta a riflettere. Non si continua mai, contro un nemico ormai psicologicamente provato, annullato sotto gli occhi del suo generoso pubblico, a infierire senza nessuna ragione: neppure quando i giocatori in campo, come si dice, vedono soltanto la rete avversaria (un po' come il toro che dovunque si giri vede il rosso - che non sia così, che non si vede solo e sempre la porta avversaria, lo dimostra l'esistenza del concetto di un gioco tutto di difesa, il cosiddetto catenaccio). Già un quattro a zero è un risultato che una squadra veramente forte dovrebbe essere in grado di gestire senza nessun problema, divertendosi anche, mettendoci pure un pizzico di perfidia, come magari farebbe il gatto col topo; un 7 a 1 è invece il segno dell'opposto: di una squadra vincitrice mediocre, invisibile sul piano umano (il calcio è uno spettacolo viscerale, mobilita sentimenti di massa), una squadra che sta giocando contro un avversario che nemmeno esiste (e tanto più è inesistente l'avversario tanto più forti si appare agli occhi dei merli). Non ci vuole molto a capire che la prossima finale - che sia l'Olanda o l'Argentina - vedrà il mondo schierato contro il fanatismo storico (hegeliano) dei tedeschi, il quale non aspetta mai altro che la prima occasione per rivelarsi sempre e nuovamente uguale a se stesso.

Così la semifinale Italia Germania dei mondiali del 2006 (ma lo stesso potrebbe dirsi della semifinale Italia Germania dei mondiali del 1970 in Messico, nominata la "Partita del secolo", o della finale dell'82 a Madrid) per quanto giocata, la partita del 2006, per centoventi minuti ad altissimi livelli da entrambe le squadre, fu il segno, negli ultimi due minuti dei supplementari, non della superiorità degli italiani (che sono da sempre calcisticamente i veri avversari dei tedeschi), ma di una nemesi storica che andò a stanare e a punire i tedeschi proprio nella loro terra - una vendetta che prima o poi arriva e che ti ricorda che per poter dire di aver vinto devi prima di tutto avere davanti un avversario vero, non degli zombi.






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